Rimuginare e difficoltà nel lasciar andare

Sono una ragazza di 28 anni e sono complessivamente molto felice della mia vita: sono riuscita a realizzare il mio sogno adolescenziale e trasferirmi all’estero, facendo ottime amicizie e cercando di diventare la persona che ho sempre desiderato essere. Nonostante la distanza dall’Italia, sento forte e costante l’amore di due genitori meravigliosi e di una rete consolidata di amici che ormai sono famiglia allargata.

Sono innamorata del mondo e fiduciosa nei confronti della vita, ma il mio modo estremamente razionale di elaborare delusioni sentimentali, peraltro in un mondo che pullula di ambiguità deliberata per poter scegliere la migliore opzione, spegne il mio spirito e mi tormenta. Ho sempre applicato alle relazioni le regole con cui ho avuto successo negli altri ambiti, dalla scuola al lavoro, passando per l’amicizia: più ti impegni, più ottieni. Più fai, più riesci. Per quanto naturalmente sappia che le cose si fanno in 2, tento sempre di fare del mio meglio per aggiustare, correggere, pur di non lasciare andare una situazione che da porto sicuro si fa distanza. Nella mia testa, una situazione che non sono in grado di riparare è un mio fallimento. Mi sento di non avere valore quando un ragazzo con cui mi frequento/sto mi “costringe” a lasciarlo, o con scuse o con una freddezza che spera io decifri. Peggio ancora, quando le scuse mascherano la decisione di tornare con una ex su cui precedentemente avevo sentito cose orribili, il senso di perdita di valore è ancora più intenso. In poche parole, la concezione di rottura come un fallimento, il sentire di perdere valore, e il fatto che mi infatuo raramente (inconsciamente anche perché ho paura di aprirmi ed essere delusa di nuovo, creando un circolo vizioso) sono un mix letale che rende il “lasciar andare” una non-opzione. Di conseguenza, mi rifugio in un rimuginare costante, analizzando le stesse dinamiche con me stessa, i miei cari, oltreché la terapista con cui ho parlato per qualche mese.

Mi piace molto fare introspezione e ho cercato di trovare in me le spiegazioni di questo malessere. Non penso che siano da attribuirsi a un particolare stile di attaccamento quanto all’esperienza con il mio ex storico. Lui mi ha lasciata senza spiegazioni chiare (“meriti di meglio”) per tornare con la ex che, a suo dire, lo aveva tradito, alimentando la mia convinzione di valere meno di una che lo avesse tradito. Di conseguenza, ho poi ricercato, consapevolmente e inconsapevolmente, ragazzi simili nel non essere disponibili, per dimostrare a me e a lui che valevo perché avevo conquistato persone impossibili. Questo ex è rientrato nella mia vita dopo 5 anni e ho cercato di conoscerlo nuovamente perché, data la non trasparenza nel chiudere con me in passato, quella storia era rimasta in sospensione. Purtroppo ho scoperto con estrema amarezza che questo ex, con un’attività commerciale, invia di routine gli stessi identici messaggi per flirtare a tutte le clienti, affermate e potenziali, buttando una rete per avere validazione. Se da un lato questa disgustosa notizia mi ha fatto finalmente capire chi fosse, dall’altro mi ha fatto perdere la voglia di partecipare al mondo del dating. Le persone che ho conosciuto successivamente, in linea con il mio ex, mi hanno bombardata di attenzione e amore per poi raggelarsi o scomparire, complice anche la realtà desolante dei social media.

La persona che sono e che voglio essere non è la stessa che divento quando mi piace qualcuno: iperanalitica, ansiosa, in sfida con me stessa e col mondo. Come posso far sì che le emozioni addolciscano il mio quadro mentale così rigido nell’esaminare le relazioni senza che queste emozioni mi annientino come in passato?